05 Giu
  • By fabio
  • Cause in

Storie: casa famiglia

In una Casa Famiglia, trattandosi di bambini, i colori che ne tratteggiano le storie sono immancabilmente belli. Ma non sono nella tonalità pastello. No, sono forti, sono a spirito. Già, a…. spirito!

In questo racconto mi chiamerò K, come una variabile, un numero. D’altronde è così che conto per il mondo.

Sono una ragazzina di dodici anni ma, prima di farmi partire, mi hanno istrutito che devo dichiararne 10. Ed io allo smistamento degli immigrati superstiti recito diligente, “Côte d’Ivoire, dix ans”. Poi, magari, un addetto distratto mi fa un ulteriore sconto: 9 anni compiuti, come di prassi, il capodanno passato. Data di nascita: 1/1/2008.

I miei genitori sono morti quando avevo 5 anni, di una malattia. Papà era un militare. Mamma un’infermiera che faceva nascere i piccoli. Mi ha cresciuto una zia. E con lei ho lavorato fin da piccola come ambulante per guadagnare i (molti) soldi che servivano per fuggire in Europa. Il viaggio l’abbiamo affrontato per un tratto in macchina e dopo, per tutta una regione, a piedi. Si trattava, però, di un tragitto lungo quanto tre volte l’Italia, attraverso il Mali e poi il deserto del Sahara in Algeria e Libia. Giunta a Tripoli, nella lunga attesa prima dell’imbarco, sono stata fortunata ad essere protetta dalle donne a cui ero stata affidata e che affrontavano il mio stesso viaggio. Non ho subito violenze. Però ho visto donne che ne hanno subite… Poi ci sono stati i tre lunghi giorni di navigazione. Non si poteva bere. L’Acqua costava (molto) e non avevamo i soldi sufficienti. Per le necessità non ci si poteva muovere. Ognuno doveva rimanere fermo nel proprio piccolo posto assegnato e… I bisogni si facevano a dosso…

Arrivata in Italia ho dato l’impressione che tutte le lacrime e le emozioni fossero state prosciugate. Poi, dopo qualche settimana, più rasserenata, coccolata, ho ricominciato a piangere talvolta… Ieri dalla Casa Famiglia che mi ospita sono riuscita finalmente a telefonare in Africa e parlare con la zia. Ero veramente molto contenta. Tanto che, quando è rientrato Ans dal lavoro e mi ha mostrato la scheda di memoria sui cui poter riversare le mie foto e i miei video dal sovraccarico tablet, ho vinto la mia ritrosia e anziché saltellare come faccio di solito, gli sono corsa incontro e l’ho abbracciato così a lungo e forte e dondolando che gli stavo facendo perdere l’equilibrio! Lui ormai pensa che quello è l’abbraccio di Dio. L’abbraccio con cui verrà accolto lassù quel giorno che sarà quando comincerà a dormire un po’ di più!”

K, Casa Famiglia

 

Ho l’immensa fortuna di partecipare, diciamo come attore non protagonista, ad alcune scene di vita, dei veri cortometraggi, che coinvolgono i piccoli di Casa Famiglia. Beh, è qualcosa per cui mi sento di gran lunga più grato che fiero!

Per esempio, martedì scorso, durante la celebrazione in cui tutte le varie realtà educative dell’Istituto dei Padri Rogazionisti si ritrovano a condividere un momento insieme, dispersi in mezzo ad una quarantina di persone, siamo io, S, una ragazzina tredicenne non udente, e T, il nostro piccolo veterano di Casa Fam, cui dei piccoli ritardi contrastano l’età anagrafica di 12 anni.

S legge la sua Preghiera dei Fedeli. Lo fa da quasi un anno, con una caparbietà lodevole. Inizialmente erano dei mugolii mescolati a balbettii. Stavolta invece legge con una dizione decisamente migliore. La logopedia sta dando i suoi risultati!

Tornata S al suo posto, T dal primo banco comincia a girarsi più volte con quel suo particolare sguardo tra lo stralunato e l’esterrefatto. Provo ad intervenire, cercando di incrociare il suo con un altrettanto peculiare sguardo fatto di interrogativi e rassicurazioni. T adesso si accorge che sia Io sia S lo scrutiamo insistentemente. E allora comincia ad additare incredulo S, che continua ad osservarlo perplessa, e fissandomi con i suoi “fanali azzurri” sfodera un soddisfatto pollice verso (in alto ovviamente! ), annuendo e sussurrando con il labiale “ha letto bene!”

S è spiazzata e comincia a gongolare raggiante ed orgogliosa (beh, doveste provare a ricevere un imprimatur da T!!). Sempre S, si volta verso me e raccolta una ulteriore conferma (continuavo ad annuire con lo stesso pollice verso, cercando di mostrare con il volto che non si trattava di una approvazione di circostanza!) Sorride estasiata!

In quello stesso istante… Io e me medesimo ci estraniamo. La mente va un attimo in corto circuito. Pensiamo: ma è questa la Provvidenza che utilizza come testata d’angolo ciò che l’uomo scarta, giusto no?!

(stranamente mi è rimasto il pollice verso… l’alto!)

Anselmo, operatore della Casa Famiglia.